PRESENTAZIONE DEL LIBRO “IL DUCA D’AOSTA E GLI ITALIANI IN AFRICA ORIENTALE” ALLA PRESENZA DELL’ARCIDUCA MARTINO D’ASBURGO

DI ANDREA CARNINO

Sabato 7 aprile 2018 nella Villa Buzzoni Nigra, a Sartirana Lomellina (PV), si è tenuta la presentazione del libro “il Duca d’Aosta e gli italiani in Africa Orientale”, scritto dal Dott. Dino Ramella ed edito da Daniela Piazza Editore.

Quest’opera è dedicata ad Amedeo di Savoia-Aosta (1848-1942), Vicerè d’Etiopia ed Eroe dell’Amba Alagi.

L’evento, organizzato dall’Accademia di San Pietro in collaborazione con Croce Reale è stato patrocinato dal Consolato Onorario Repubblica del Sudafrica, dall’Associazione Italia Sudafrica, dal Comune di Breme e da Zonderwater Block.

Alla conferenza stampa per la presentazione del libro, preceduta dalla lettura del messaggio di saluto di SAR principe Amedeo di Savoia Aosta, nipote dell’Eroe, hanno fatto il Loro magistrale intervento:

Sua Altezza Imperiale e Reale l’Arciduca Martino d’Asburgo – Este, Duca di Modena e Reggio Emilia, Vice Presidente dell’Accademia di San Pietro e figlio della Principessa Margherita di Savoia – Aosta, a Sua volta figlia di Amedeo, l’Avvocato Fabrizio Gianpaolo Nucera, Presidente di Croce Reale e dell’Accademia di San Pietro, il Dottor Enrico de Barbieri, Console Onorario del Sudafrica e decano del Senato Accademico, Dino Ramella, autore del libro e Daniela Piazza, Presidente della Casa Editrice dell’opera.

Tra i numerosi partecipanti: il Sindaco di Breme, un membro della Real Casa di Georgia ed i rappresentanti dell’Associazione Reduci d’Africa, del Consolato Onorario di Africa e Kenya, della Consulta dei Senatori del Regno, dell’Associazione Aristocrazia Europea, dell’Ecomuseo della Lomellina e dell’Associazione Italia-Etiopia.

L’evento ha visto una massiccia presenza persone venute da ogni parte d’Italia, a testimonianza del fatto che questo illustre personaggio ed i Suoi discendenti, sono ancora nel cuore della gente.

Da ricordare è il profondo rispetto che l’Imperatore Hailé Selassié ha sempre dimostrato nei confronti di Amedeo di Savoia: durante la Sua visita ufficiale in Italia, nel 1953, il Negus invitò per un tè Anna d’Orleans, vedova del Duca, ma la cosa non fu gradita dalla repubblica e il Sovrano fu costretto a cancellare l’incontro con dispiacere. In sostituzione, invitò l’attuale Duca d’Aosta in Etiopia verso la metà degli anni sessanta e gli accordò tutti gli onori di un capo di Stato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’intervento del Presidente di Croce Reale e dell’Accademia di San Pietro Fabrizio Giampaolo Nucera

 

 

 

 

 

 

 

L’intervento di Sua Altezza Imperiale e Reale l’Arciduca Martino d’Asburgo-Este, Duca di Modena e Reggio Emilia

 

 

 

 

 

 

 

DI SEGUITO RIPORTO L’INTERVISTA REALIZZATA ALL’ARCIDUCA MARTINO D’ASBURGO-ESTE DA ” LA PROVINCIA PAVESE”

«Vi racconto mio nonno l’ultimo Imperatore»

Il nipote di Carlo I è agricoltore a Sartirana. Per la prima volta ci apre le porte


 

 

 

 

 

 

 

SARTIRANA. L’Arciduca Martino d’Asburgo Lorena Este racconta la storia di Sartirana, d’Italia e d’Europa seduto davanti ai quadri dei suoi nonni: Carlo I d’Asburgo, ultimo Imperatore d’Austria-Ungheria, esiliato nel 1919 dopo la sconfitta nella Prima guerra mondiale e beatificato nel 2004 da papa Giovanni Paolo II, e Amedeo di Savoia Aosta, Viceré d’Etiopia dal 1937 al 1941 e imprenditore agricolo a Sartirana nei primi anni Trenta. Lo stesso Martino, oggi 59enne, ha scelto di coltivare la terra come il nonno e nel 1983, dopo la laurea in Agraria all’Università di Monaco di Baviera, si è insediato a Sartirana, nell’azienda agricola alle spalle del castello di proprietà dei Savoia Aosta fino agli anni Sessanta. Dal matrimonio con la Principessa Katharina von Isenburg sono nati Bartolomeo, Emanuel, Elena e Luigi Amedeo, quest’ultimo omonimo del duca degli Abruzzi, celebre alpinista ed esploratore morto nel 1933 in Somalia.

Secoli di Storia scorrono nelle parole dell’arciduca: dall’Imperatore Carlo V d’Asburgo, sul cui impero non tramontava mai il sole, ad Adolf Hitler, «che odiava gli Asburgo e che volle a tutti i costi incontrare mio zio Ottone senza mai riuscirci».

Arciduca, qual è il legame fra i Savoia Aosta e Sartirana?

«Mio nonno Amedeo nel 1931 ereditò il castello e le cascine San Giorgio, Isolone, Mora e Cascinetta dalle Duchesse Arborio di Gattinara, con cui era imparentato attraverso i Pozzo della Cisterna. In questo caso possiamo parlare di corsi e ricorsi della storia: nel Cinquecento Mercurino Arborio di Gattinara era il gran cancelliere di Carlo V d’Asburgo, con cui sviluppò la famosa teoria della “monarchia universale”. Mercurino aveva ottenuto i diritti sulle tasse, sul sale e sull’acqua per la zona di Sartirana, di cui però doveva mantenere la guarnigione del castello».

Quindi è un legame che corre lungo i secoli…

«Racconto questo aneddoto: mio padre Roberto ha ricevuto per alcuni anni il Collare dell’Ordine del Toson d’oro, istituito nel 1430 da Filippo III di Borgogna e oggi uno dei più esclusivi al mondo. Il più potente gran maestro dell’Ordine fu il nostro antenato Carlo V, il cui nome è iscritto sul retro del collare».

Suo nonno Amedeo quali iniziative prese a Sartirana?

«Ricostruì le cascine avute in eredità dotando di energia elettrica e acqua corrente le nuove abitazioni dei salariati e istituendo una cassa malattia a loro favore. Si pensi che il mutuo acceso da mio nonno si estinse solo nel 1952, dieci anni dopo la sua morte».

Perché Amedeo di Savoia Aosta fu inviato in Etiopia?

«In seguito a un massacro ordinato dall’allora Viceré Graziani, che fece uccidere fra gli altri anche i sacerdoti copti, e quindi cristiani, colpevoli di aver appoggiato i ribelli abissini. Mio nonno fu mandato in Africa Orientale per riconquistare la fiducia dei ras e avviare una serie di importanti opere, fra cui nuove infrastrutture e la modernizzazione dell’agricoltura. Anni dopo il Negus Hailè Selassiè, di ritorno dall’esilio, riconobbe il buon lavoro svolto da mio nonno a favore della sua terra. Io stesso, a un ricevimento in Germania, ho conosciuto i nipoti di Hailè Selassiè: all’inizio non sapevo come comportarmi, ma poi abbiamo fatto amicizia parlando proprio dei nostri nonni».

Suo nonno paterno, morto nel 1922, è stato l’ultimo imperatore d’Austria-Ungheria: che idea se n’è fatto?

«Divenne erede al Trono in seguito all’assassinio dello zio Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914 e fu incoronato Imperatore alla morte del prozio Francesco Giuseppe nel 1916. Si trovò a gestire una situazione difficilissima. Dopo la sconfitta, nel 1919, gli fu confiscato il patrimonio privato e fu mandato in esilio con la moglie Zita di Borbone Parma e i figli nell’isola di Madeira, dove morì nel 1922 a causa di una polmonite. Il capo della casata divenne mio zio Ottone».

Quali furono i rapporti degli Asburgo con la Germania di Hitler, che nel 1938 si era annessa l’Austria?

«L’austriaco Hitler odiava gli Asburgo, ma voleva incontrare a tutti i costi mio zio, che avendo letto il Mein Kampf sapeva quanto quell’uomo fosse pericoloso: prese la via del Belgio per non essere costretto a parlargli. Fra l’altro l’impero austriaco aveva sempre tutelato gli ebrei, che a Vienna erano la punta di diamante della cultura nel primo Novecento. Nello stesso esercito imperiale, come assistenti spirituali, c’erano i cappellani cattolici, i rabbini ebrei e gli iman musulmani per le truppe bosniache».

E verso la fine della Seconda guerra mondiale la Gestapo arrestò una parte della sua famiglia…

«In quel periodo mia madre Margherita di Savoia Aosta, mia nonna Anna d’Orléans e altri familiari, fra cui mio cugino Amedeo d’Aosta allora di pochi mesi d’età, erano a Sartirana. La Gestapo occupò il castello prendendo tutti in ostaggio: mia nonna fece in tempo a firmare le deleghe per assegnare la gestione delle proprietà e ad avvertire i cugini Calvi di Bergolo, imparentati con la Famiglia Reale e residenti a Pomaro Monferrato. I miei familiari furono trasportati prima a Milano e poi a Innsbruck per venire alla fine liberati dalle truppe francesi».

I suoi nonni vissero, su fronti opposti, la Grande Guerra, di cui quest’anno 

ricorre il centenario della fine: qual è il suo giudizio su questo periodo storico?

«Io la chiamo la guerra civile europea. Soldati mandati al macello da generali che non avevano rispetto della vita umana».

 

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