Antonio Costa, il “salvatore” della Sacra Sindone

sindonevercelli

François Dellarole

Correva l’anno 1535 e il Piemonte, come spesso accadde nella sua storia, era invaso da truppe straniere. La Guerra tra la Francia di Francesco I e l’Impero stava scuotendo l’Europa e il povero Duca di Savoia Carlo III il Buono aveva perso gran parte dei suoi territori.  Rimaneva però in suo possesso l’importante piazzaforte di Vercelli, un tempo importantissima città padana, e allora munita piazzaforte. Qui il Duca vi trasferì la capitale portandovi la zecca, il Senato ed il suo tesoro ricco della prestigiosissima reliquia della Sindone, che tanto lustro aveva portato al suo Casato. Il Santo Sudario era custodito nella cappella delle reliquie dell’antico Duomo e qui vi rimase per circa una ventina di anni salvo alcuni temporanei spostamenti. Morto nel 1553 lo sfortunato Carlo III lo Stato sabaudo sembrò precipitare ancor di più nel caos e nell’incertezza.  Fu allora che il generale francese Brissac tentò di accedere ad il lauto bottino rappresentato dalla capitale provvisoria dello Stato. Infatti il 18 novembre dello stesso anno, la città cadde vittima del tradimento che consentì l’entrata delle truppe gigliate da una porta secondaria posta sul fiume Cervo che consentì ai mercenari di dedicarsi subito al saccheggio. Saccheggio che si concentrò immediatamente sul ricchissimo Tesoro del Duomo. Quale bottino invero migliore poteva esservi se non la reliquia che tanta fama aveva già allora presso tutta la Cristianità?

Ma non andò tutto secondo i piani poiché, è proprio il caso di dirlo, la Provvidenza ci mise lo zampino…e frappose sulla strada dei saccheggiatori il Canonico savoiese Antonio Costa il quale, parlando fluentemente francese incantò le truppe d’oltralpe. Mentre infatti distoglieva l’attenzione dei soldati il prelato nascose sotto la grossa almuzia la cassetta contente   la Sindone. Cassetta che trasportò nella sua abitazione posta a due passi dalla centralissima Piazza Maggiore (ora Cavour). Qui, non pago, il temerario Canonico, invitò ad un lauto pranzo alcuni ufficiali francesi, cacciatori della reliquia, che pasciuti e soddisfatti dell’ottimo vino consumato a pasto non cercarono oltre il bottino. Un testimone dell’epoca, il canonico e storico Giovan Battista Modena così descrive l’episodio: “[…]et avendo (Il Costa)invitato a pranzo, à supper, alla francese, condusse alcuni principali a casa sua, dove carezzandoli salvò e la casa e ‘l SS.mo Sudario, che perciò fu dal Duca Emanuele Filiberto favorito e confermato Tesoriere suo come lo era di suo Padre.”

Cacciati i francesi il Santo Sudario tornò in Cattedrale e fu mostrato al popolo giubilante. Alcuni anni dopo, nel 1560, vi fu ancora un’Ostensione in occasione della venuta a Vercelli del Duca Emanuele Filiberto con la neo consorte Duchessa Margherita di Valois. Il Duca portò poi la Reliquia definitivamente a Torino due anni dopo. Per ricordare il fausto evento nel 1842 i Canonici del venerando Capitolo di Sant’Eusebio, il più antico d’Occidente (fondato nel 345 d.C.) ottennero di portare una medaglia d’oro ottagonale, con raffigurati smaltati Sant’Eusebio ed il Beato Amedeo IX nell’atto di sostenere la Sindone. Ma cosa, a parte le memorie degli storici, ci ha tramandato questo bell’episodio, grazie al quale la Sindone è ancor oggi conservata nella Capitale Subalpina? A memoria dell’ora più gloriosa della sua vita il Costa fece realizzare sulla facciata della sua abitazione, quella sita a due passi dalla piazza Maggiore,  un affresco raffigurante il sacro lino sostenuto da putti e prelati. Tale affresco venne distrutto sul principio del secolo scorso per dipingervi sopra…un’insegna di una bottega. Subito nacque una leggenda popolare. La famiglia Baglione, proprietaria della casa cadde in disgrazia e ovviamente si scorse la causa delle tante sciagure famigliari al fatto di aver permesso un atto così blasfemo e irrispettoso.  La stessa casa fu poi scriteriatamente abbattuta negli anni ’60 per far posto ad un orrido quanto moderno condominio. Sarebbe auspicabile oggi porvi almeno una targa a ricordo del Canonico Costa a cui si deve la salvezza della reliquia e una bella pagina di storia per la Città di Vercelli.

Condividi:

Chi Siamo

Costituito a Roma il 30 maggio 2005 per volontà di un una compagnia di persone dall’ alto profilo morale ed intellettuale, “Rinnovamento nella Tradizione – Croce Reale” è un movimento culturale identitario, di cultura, valori, tradizioni e monarchia.

Come aiutarci:

Torna in alto