Appunti di viaggio in Russia – prima parte: Mosca, la città dalle “mille cupole”

Testo e foto di Paolo Barosso 

Con oltre 17 milioni di chilometri quadrati di superficie la Russia è il Paese più grande al mondo, baluardo della Cristianità ortodossa, erede della tradizione bizantina e trait d’union tra Occidente e Asia.

Znamenskij monastyr’ – chiesa di San Pietro con la cupola centrale dorata e quattro laterali

Qualche anno fa in un discorso ufficiale il presidente della Federazione Russa, il dinamico pietroburghese Vladimir Putin, usò il concetto di “passionarnost”, letteralmente “passionarietà”, coniato da un noto storico e antropologo, Lev Gumilëv, per esprimere l’essenza dello spirito russo, poggiante su due pilastri, il forte senso di appartenenza alla comunità e l’inclinazione al sacrificio per il bene comune, contrapposti all’individualismo esasperato e all’assenza di spirito collettivo che sono ormai tratti distintivi dell’Occidente contemporaneo in conclamata crisi d’identità. Forse è questa una delle chiavi per comprendere il modo in cui i Russi rappresentano se stessi e il loro ruolo nell’attuale contesto geopolitico, che vede l’antica Rus’ protesa verso la formazione di uno “spazio eurasiatico” capace di fare da contrappeso alle pretese egemoniche atlantiste.

Cattedrale di Cristo Salvatore, demolita per ordine di Stalin nel 1931 e riedificata nel 2000

L’anima profonda della Russia, fonte d’ispirazione per romanzieri e poeti, non abita nelle grandi città, bensì nelle sconfinate province, però è inevitabile iniziare il viaggio dalla capitale, Mosca, megalopoli di dodici milioni di abitanti, centro della politica e degli affari, che sorprende per l’atmosfera di dinamismo, ma anche per il rassicurante senso di ordine e di sicurezza che si prova percorrendo le sue strade.

Aquila bicipite o bicefala degli Zar

L’impianto urbanistico e l’aspetto architettonico della città hanno risentito del concatenarsi di avvenimenti storici spesso drammatici che l’hanno coinvolta: basti pensare, nel quadro della “Guerra patriottica” combattuta dai Russi contro la Grande Armée napolenica, all’incendio del 1812, appiccato su ordine dell’allora Governatore di Mosca per ostacolare gli invasori e propagatosi rapidamente in una città al tempo costruita in gran parte in legno (l’area del Cremlino, edificata in muratura, scampò invece alle mine francesi) oppure, nel secolo successivo, quando Mosca venne scelta come capitale dell’Unione Sovietica, al piccone demolitore dei Bolscevichi, che si scagliò con impeto sacrilego contro le innumerevoli chiese che le avevano meritato l’appellativo di città “dalle mille cupole”.

Cremlino, piazza delle Cattedrali – le undici cupolette del palazzo d’Oro della Zarina

Nel periodo staliniano (tra gli anni Trenta e Cinquanta) furono gli sventramenti urbanistici a incidere sul volto della città, che vide però, in parte, un ritorno a elementi di decoro e monumentalità nell’architettura finalizzato all’esaltazione retorica del potere, di cui rimane evidenza nelle sfarzose stazioni della metropolitana, costruita a partire dal 1933, e nei sette grattacieli (le “Sette sorelle”) edificati in punti nevralgici di Mosca tra il 1947 e il 1953 secondo i parametri del “Classicismo socialista”, peculiare commistione di elementi tratti dal gotico, dal barocco russo (Naryškin e elisabettiano) e dalle realizzazioni novecentesche americane.

Stazione della metropolitana

Cuore della città, accanto al Cremlino, sede del potere politico e religioso, è la Piazza Rossa, che l’immaginario comune, condizionato dal ricordo delle esibizioni di forza militare del potere sovietico, associa alle grandi parate cui assistevano i vertici del Pcus (partito comunista dell’Unione Spvietica). Il nome però ha tutt’altro significato: in russo antico l’aggettivo “krasnaja”, che oggi designa il colore rosso, significava anche “bello”. Nelle case russe tradizionali il punto più curato dell’abitazione è il cosiddetto “angolo rosso”, cioè “l’angolo bello”, rivolto a oriente come l’altare delle chiese ortodosse. Questo è lo spazio riservato alle icone, le immagini sacre legate al sentimento religioso dei Russi, la cui identità è intimamente connessa al Cristianesimo ortodosso.

Piazza Rossa – la Porta della Resurrezione con la Cappella iberica, demolite dai Bolscevichi e ricostruite negli anni Novanta

Con l’avvento dei Bolscevichi, che presero il potere a seguito della Rivoluzione del 1917 detronizzando e poi assassinando l’ultimo zar, Nicola II Romanov, si assistette al tentativo di sradicare dall’anima russa la sua profonda fede cristiana, con la persecuzione e i massacri di monaci e preti, la chiusura delle chiese, la demolizione dei monasteri, la dispersione degli arredi sacri, la rimozione delle croci e l’allestimento di “musei anti-religiosi” in edifici sconsacrati. Dopo il crollo del regime sovietico e la turbolenta transizione degli anni Novanta, la fede ortodossa è però rifiorita e sta gradualmente recuperando il suo ruolo. Dal 2000 a oggi si calcola che in tutta la Russia siano state ricostruite oltre ventimila chiese distrutte dai Bolscevichi e le “mille cupole” sono così tornate a scintillare con le loro dorature e le fogge multiformi nel cielo di Mosca.

Piazza Rossa – cattedrale di San Basilio e Torre del Salvatore

La Piazza Rossa anche architettonicamente evoca il doppio sguardo della Russia, volto insieme a occidente e a oriente, come evocato dall’aquila bicipite dei Romanov, eredità dell’impero bizantino, che troneggia nuovamente su edifici e cancellate. L’ampio spazio urbano, aperto alla fine del XV secolo per volere di Ivan III, accosta in un insieme non sempre armonico, ma ricco di fascino, richiami stilistici all’architettura europea e a quella tradizionale russa.

Piazza Rossa – il palazzo dei magazzini Gum

Sul lato ovest campeggia il muraglione merlato che delimita il Cremlino, mentre gli altri tre lati sono occupati dal complesso di San Basilio (l’intitolazione originaria è cattedrale dell’Intercessione), che comprende nove chiese, ciascuna sormontata da torrioni culminanti in cupole variopinte a forma di pigna e cipolla (le cupole più antiche, ormai rare, sono quelle a elmo), il Museo Storico di Stato, ospitato nel palazzo in mattoni rossi realizzato tra 1875 e 1881 in stile “pseudorusso” su disegno di Vladimir Sherwood, e l’imponente edificio dei magazzini Gum, formato da tre ordini di gallerie con copertura in vetro e ferro, chiusi durante il comunismo e oggi tornati in piena attività.

La cattedrale dell’Intercessione, meglio nota come San Basilio, con le sue nove cupole

Il Cremlino, termine indicante l’antico nucleo fortificato delle città russe, sede del potere politico e religioso, venne realizzato nella sua attuale configurazione a partire dalla seconda metà del XV secolo per volere del gran principe Ivan III il Grande con il contributo di architetti del Nord Italia, come il bolognese Aristotile Fieravanti, il milanese (o ticinese) Pietro Antonio Solari, che lavorò anche nella cattedrale di Alessandria in Piemonte, il veneto Aloisio Nuovo, forse da identificare con Alvise Lamberti da Montagnana, e anche piemontesi, come Aloisio da Caresana nel Vercellese, chiamati dai principi, poi Zar, per riconfigurare il volto di Mosca divenuta capitale del nuovo Stato russo, in fase di rinascita dopo l’invasione dei Tartari del khanato dell’Orda d’Oro.

Una delle tre gallerie dei magazzini Gum

Queste popolazioni, ricomprese nel generico etnonimo “Tartari” o “Tatari”, islamizzate e di stirpe mista turco-mongola, s’erano affacciate ad ovest nel corso del XIII secolo, segnando la fine della cosiddetta Rus’ di Kiev (Kiev, oggi capitale ucraina, era nota nelle fonti come “madre delle città russe”), antico e potente stato russo medioevale fondato nel IX secolo da principi scandinavi che, accorsi attraverso il mar Baltico con il loro seguito di guerrieri-mercanti, detti Variaghi dagli Slavi, s’innestarono sul sostrato slavo preesistente, mescolandosi gradualmente con gli autoctoni (Slavi e Finni) e decretando la conversione della Rus’ al Cristianesimo nel 988 con il battesimo del gran principe Vladimir I di Kiev, evento noto come “battesimo della Rus’” (già la nonna di Vladimir, la principessa Olga, aveva posto le premesse facendosi cristiana nell’854). Proprio a quest’epoca, e specialmente al matrimonio tra Vladimir I e la principessa Anna, sorella dell’imperatore Basilio II, si fanno risalire le origini della profonda influenza esercitata sulla Russia dalla cultura bizantina.

Articolo pubblicato per Civico20 news 

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