Appunti di viaggio in Russia – quarta parte: l’Anello d’Oro – Rostov la Grande, Jaroslavl’ e Kostroma

continua dalla terza parte: l’Anello d’Oro – Sergiev Posad e il monastero della Trinità di San Sergio

Testo e foto di Paolo Barosso

Proseguendo il viaggio, nel tipico paesaggio del bassopiano sarmatico che alterna boschi di betulle e conifere, campi coltivati a grano, laghi e zone acquitrinose, si raggiunge Rostov la Grande, antica località che sonnecchia sulle sponde del lago Nero. Qui giganteggia l’armonioso e compatto Cremlino protetto da mura possenti.

Cremlino di Rostov – la cattedrale dell’Assunzione

Rostov, fondata nel IX secolo e in seguito governata dai figli di Vladimir di Kiev, Jaroslav il Saggio e poi Boris, divenne principato autonomo nel XIII secolo per poi venire assorbita nell’orbita di Mosca dopo la liberazione dai Tartari. Mantenne però la propria importanza, come sede d’una potente diocesi, sino alla seconda metà del Settecento quando la nazionalizzazione delle proprietà terriere della Chiesa, decisa nel 1764 dalla zarina d’origine prussiana Caterina II la Grande, influenzata dalle idee illuministe, ridimensionò potere e prosperità di molti centri monastici e religiosi, come Rostov, che tra l’altro fu anche privata della sede metropolitana in favore di Jaroslavl’.

Cremlino di Rostov – la cattedrale dell’Assunzione

Il Cremlino di Rostov, risalente nel suo aspetto attuale al XVI-XVII secolo, è impostato su due piazze, quella delle Cattedrali, con la cattedrale dell’Assunzione, che presenta facciate scandite da lesene e con prospetti culminanti in zakomary (arcate sottotetto) carenati, e quella del cortile del Metropolita, con tre chiese, il palazzo di Samuele o del Metropolita e il seicentesco palazzo Gosudarev.

Cremlino di Rostov – il cortile del Metropolita

Ciò che colpisce entrando in queste chiese, oltre all’estesa superficie affrescata, è la grandiosità delle iconostasi, letteralmente “luogo delle icone”, strutture in legno, variamente decorate a seconda delle tradizioni regionali e dei periodi stilistici, che separano il santuario, cioè il presbiterio con l’altare, rivolto a est, dalla navata riservata ai fedeli e che compaiono nell’architettura russa fra Trecento e Quattrocento, sviluppandosi dal cosiddetto “templon” bizantino, transenna marmorea con funzione divisoria.

Chiese del Cremlino di Rostov – affreschi

L’iconostasi, provvista di un passaggio centrale, detto “porta regale”, riservato al sacerdote, e di due aperture laterali, dette “porte diaconali”, per gli inservienti, si compone nella tipologia classica di cinque livelli. Al primo, detto “locale”, troviamo le icone del Salvatore e della Vergine affiancate da icone legate all’intitolazione della chiesa e alla tradizione locale (ai lati dell’altare vi sono invece le “icone processionali”, impostate su assi e dipinte fronte e retro), il secondo, detto “festivo”, comprende la serie delle festività ortodosse mentre il terzo livello è riservato alla rappresentazione della Deesis, traducibile come “supplica”, che raffigura al centro Cristo Giudice e ai lati la Vergine, San Giovanni Battista e altri santi nell’atto di intercedere per la salvezza delle anime nel giorno della Seconda Venuta del Signore e del Giudizio finale. Al quarto e al quinto livello compare invece la teoria di Profeti e Patriarchi.

Esempio di iconostasi a cinque livelli (Sergiev Posad)

Nella produzione di icone si distinguono varie scuole e tradizioni locali, tra cui la scuola di Rostov, formatasi nella seconda metà del XV secolo. Nel periodo sovietico, essendo proibita o comunque vista con diffidenza l’arte delle icone, ebbero grande impulso le scuole di pittura miniata su oggetti, in particolare scatole in lacca. La scatola viene realizzata come da tradizione in cartapesta, imbevuta di olio di lino, pressata e lavorata, poi dipinta a olio o a tempera, a seconda delle scuole. Per dare brillantezza e lucentezza si usano oro in foglia, polvere d’oro, d’argento e madreperla. Temi preferiti sono quelli tratti dalle fiabe tradizionali e dalla mitologia slava, ma vi compaiono anche scorci di una campagna russa idealizzata, scene di caccia, di battaglia e di vita quotidiana nei villaggi.

Jaroslavl’ – campanaro all’opera nel monastero della Trasfigurazione del Salvatore

Rinomate per la limpidezza dei suoni sono poi le campane di Rostov, considerate capolavori di arte fusoria. Nella tradizione russa il suono non è prodotto dal dondolio della campana, che invece rimane fissa, potendo quindi raggiungere dimensioni ragguardevoli, bensì dal movimento del batacchio, che viene azionato dal campanaro tramite martelli o cordicelle, dando vita a complesse sequenze musicali. Dopo i decenni di silenzio imposto nel periodo sovietico, quando il suono delle campane venne bandito, oggi la figura dello zvonar, il campanaro, è tornata in auge e richiede un’accurata preparazione professionale.

Rostov – scorcio del lago Nero

Storicamente legata a Rostov è la città mercantile e oggi industriale di Jaroslavl’, alla confluenza del fiume Kotorosl’ nel grande Volga, che i Russi, quasi con affezione filiale, chiamano “matuska”, mammina. Fondata al principio dell’XI secolo per iniziativa di Jaroslav il Saggio, da cui trae il nome, fu principato autonomo a partire dal primo Duecento e conservò la propria importanza anche dopo l’annessione al principato di Mosca.

Jaroslavl’ – chiesa del profeta Elia

Jaroslavl’ vanta un gran numero di testimonianze dell’illustre passato, tra cui il monastero della Trasfigurazione del Salvatore, risalente al XII secolo, poi ampliato, che fungeva in origine da cremlino della città, sede del potere politico e religioso, fortezza e luogo culturale insieme, il seicentesco palazzo del Metropolita, che oggi ospita un Museo di Arte antica con una preziosa raccolta di icone (la scuola locale, fiorita nel XVI secolo, si distingue da quella moscovita, più legata a schemi classici, per l’esuberanza cromatica e la dovizia di dettagli ispirati alla vita quotidiana), e, lungo le rive del Volga a 8 Km dalla città, il monastero di Tolga, restituito alla Chiesa dopo essere stato trasformato in carcere minorile in epoca sovietica, che sorse nel XIV secolo nel luogo dove apparve l’icona miracolosa della Vergine di Tolga, oggi custodita nel complesso.

Jaroslavl’ – l’iconostasi riccamente decorata nella chiesa del profeta Elia

Alla confluenza del fiume omonimo nel Volga sorge poi la città di Kostroma, rinomata per la lavorazione del lino e legata alle vicende della famiglia Romanov. Fu qui che nel 1613, al termine dell’epoca dei torbidi, Michail Romanov venne informato della designazione a zar, il primo della dinastia che rimarrà sul trono sino al 1917, per volontà dello Zemskij sobor, l’Assemblea rappresentativa del regno. Perno della viabilità cittadina è la grande piazza Susanin, plasmata in forme neoclassiche al tempo di Caterina la Grande e dedicata all’eroe locale e icona del patriottismo russo Ivan Susanin, figura realmente esistita, ma proiettata in una dimensione quasi leggendaria, a cui la tradizione attribuisce il merito nei primi anni del Seicento, in piena epoca dei torbidi, di aver salvato Michail Romanov, non ancora zar, da un’imboscata polacca.

Jaroslavl’ – il monastero di Tolga sulle rive del Volga

Tra i monumenti più significativi di Kostroma spicca il monastero Ipat’evskij, fondato nel XIV secolo da un feudatario tartaro di nome Cet (o Chet), antenato di quel Boris Godunov che, divenuto zar nel 1605, fu acerrimo nemico dei Romanov e tentò di ostacolarne l’ascesa al potere. Il grande poeta Puškin alluse infatti a Godunov in uno dei suoi componimenti rammentandogli le sue origini: “Ieri eri ancora un servo, un Tataro…”. Di ampia portata fu il fenomeno di famiglie dell’aristocrazia tartara che, di fronte al disfacimento dell’Orda d’Oro, passarono al servizio dei gran principi di Mosca, penetrando anche agli alti livelli dell’aristocrazia russa.

Kostroma – scorcio del monastero Ipat’evskij

L’area del monastero Ipat’evskij include il tardo-cinquecentesco Palazzo dei Romanov, residenza di Michail prima di diventare zar, dove è oggi allestita una mostra di cimeli, documenti e oggetti riferiti alla storia della famiglia imperiale.

Kostroma – chiesa russa di campagna all’interno del Museo all’aperto di architettura in legno

Imperdibile è infine il Museo all’aperto di architettura lignea, che raduna strutture tipiche dell’architettura civile e religiosa russa realizzate in legno (mentre in città si costruiva in muratura). Oltre alle caratteristiche chiese, si possono ammirare le tradizionali isbe, le abitazioni dei contadini russi, le cui dimensioni e ricchezza ornamentale indicavano lo status sociale dei proprietari.

Kostroma – una grande isba all’interno del Museo all’aperto di architettura in legno

L’isba, costruita con grandi tronchi di pino o abete rosso sovrapposti e incastrati alle estremità (senza uso di chiodi in ferro), comprende spesso ambienti esterni al nucleo principale, i cosiddetti seni, collegati tramite corridoi-vestiboli e adibiti a stanze estive, dispensa, camere per la servitù. Le finestre usualmente non erano chiuse con il vetro, troppo costoso, bensì da luccicanti lamine di mica, materiale che consentiva il passaggio della luce, ma non dell’aria.

Kostroma – iconostasi all’interno del Museo all’aperto di architettura in legno

L’isba non va confusa con la dacia, dimora per la villeggiatura estiva che ebbe grande diffusione nel corso dell’Ottocento. Il termine deriva dal verbo davat, dare, e allude alle prime dacie, appezzamenti di terreno nei dintorni di San Pietroburgo che lo zar Pietro il Grande “donava” in segno di riconoscenza a funzionari e nobili meritevoli. Situata in piccoli centri di campagna, ai bordi delle foreste o sulle rive dei laghi, la dacia classica è a uno o due piani, senza acqua corrente (la si attinge dal pozzo) e senza impianto termico, ma è provvista di stufa a legna.

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