Elena: l’angelo dello Stretto…

1908-1918 ricordando il terremoto di Reggio e Messina.

di Luciano Regolo

I sovrani giunsero a Reggio e «trovarono una città devastata dal sisma, saccheggiata dagli uomini, isolata dal resto del mondo». Vittorio Emanuele dispose immediatamente lo stato d’assedio. In men che non si dica fu approvata una legge che prevedeva stanziamenti per i terremotati e una serie di misure per proteggere l’industria solfifera.

Il re e la regina mostrarono subito uno slancio fuori dal comune per i superstiti. Era l’antivigilia di Capodanno, ma nessuno dei due se ne ricordò. Una volta raggiunta la città siciliana, Jelena si separò dal marito per dedicarsi anima e corpo all’opera di soccorso.

Lo spettacolo che le si presentò era da brivido. «Quando sulla nave ancoratasi nel porto devastato, davanti a Messina che non appariva più che come un mucchio di rovine, furono portati i primi scampati, la giovane cameriera svenne, e la Regina si sentì veramente “sola donna”, in quel primo giorno, a compiere l’immane lavoro».

I mezzi italiani erano in arrivo, ma attendere anche solo poche ore poteva rivelarsi fatale e Jelena, con le lacrime agli occhi, si precipitò dal comandante russo, implorandolo nella sua lingua: «Non è la regina d’Italia che vi parla, né la principessa del Montenegroè una donna che vi supplica in nome di Dio e della pietà umana». Vedendo la sovrana così coinvolta e accorata, il comandante si lasciò convincere e partì per Napoli con a bordo i pazienti in condizioni più disperate.

In poco tempo, la regina creò una sorta di quartiere Generale della carità dove organizzò il servizio per i feriti e i pronti interventi benefici per gli orfani e le famiglie disastrate. Jelena si mosse in prima persona in cerca di sopravvissuti da salvare, senza curarsi dei crolli, del lezzo dei cadaveri in putrefazione, dei banditi che circolavano per strada.

Vestiva un semplice abito scuro; portava un berretto alla marinara, nessuno la avrebbe presa per la Regina d’Italia. Sembrava un’infermiera, una suora di carità: il suo volto pallido e contratto dal dolore e dalla pietà si atteggiava a un dolce sorriso per confortare le centinaia di feriti, ai quali volle con le sue mani prodigare le prime cure. I suoi occhi erano pieni di lacrime, nella sua voce era un singhiozzo. Nessuna sovrana ha mai fatto quello che la Regina Elena ha saputo compiere nelle tragiche giornate di Messina».

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