La provincia di Caserta, roccaforte dei monarchici nel 1946

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Uno sfiduciato Giuseppe Capobianco studiava dati, confrontava voti espressi per comprendere come mai la sua provincia di Caserta avesse potuto esprimere un consenso rilevantissimo, oggi diremmo ” bulgaro”, per la Monarchia di Casa Savoia nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946. In particolare confrontava i dati delle precedente elezioni municipali e quelli espressi per l’Assemblea Costituente al fine di capire perché la provincia di Caserta avesse umiliato in modo così incomprensibile la Repubblica. Si soffermava in particolare sui paesi ove era stati presenti diversi uomini antifascisti, ma , seppur in misura minore rispetto alle altre realtà, si constatava un consenso forte per la Monarchia di Casa Savoia anche in tali paesi. Se Trentola, che allora comprendeva anche i comuni di Arienzo e San Felice a Cancello aveva espresso solo 130 voti per la Repubblica a fronte di un consenso di ben 4189 per la Monarchia (forse il primo comune non solo della provincia ad esprimere una percentuale vicina al 100% dei consensi per i Savoia), se Pignataro Maggiore aveva dato alla Monarchia il 96,3% , come Rocchetta e Croce, e Camigliano il 96,2%, Teano il 96%, Francolise il 93%, gli stessi paesi di Calvi Risorta il 91,6% dei consensi e Sparanise l’ 89%, se la stessa Capua di tanti antifascisti durante il Fascismo aveva espresso solo il 25% per la Repubblica, se poteva consolare Maddaloni con 2211 voti per la Repubblica contro gli 8895 della Monarchia, e ancora di più Marcianise che pur si era ben difesa in tale contesto di consenso bulgaro, attribuendo 3576 voti alla Repubblica contro i 7458 voti monarchici, una motivazione doveva pur esserci.

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Lo schieramento che appoggiava la Monarchia Sabauda in provincia di Caserta, il cosiddetto “Blocco dei Monarchici e Conservatori”, aveva ottenuto in provincia di Caserta, alle elezioni perl’Assemblea costituente, il 38,70% rispetto ad un misero 2,77 a livello nazionale, la DC il 27% (ed erano quasi tutti monarchici in provincia di Caserta gli elettori della Democrazia Cristiana), a cui si deve aggiungere l’8.10% dell’Uomo Qualunque, notoriamente monarchici, e si arriva a circa il 74%. Aggiungiamo alcune simpatie monarchiche degli stessi elettori dei partiti che sostenevano la Repubblica, i quali in provincia di Caserta avevano un consenso minoritario, di gran lunga inferiore alla media nazionale ( 8.6 % il PCI, 5.3% il PSIUP, 5% il Partito D’Azione) e con ciò si spiega il consenso rilevante alla Monarchia Savoia al Referendum in provincia di Caserta nell’ordine del 83.1% .
D’altronde è noto che ai comizi dei monarchici in provincia di Caserta vi erano folle oceaniche che lanciavano fiori sui palchi, come ci hanno raccontato i nostri nonni e le nostre nonne, che andarono a votare in massa per la Monarchia. Peppino Capobianco ovviamente aveva compreso, ma non volle esplicitarlo in maniera chiara.
Tale rilevante successo dei monarchici di Casa Savoia in Provincia di Caserta andrà gradualmente attenuandosi negli anni, ma è da considerare che la forza dei monarchici era ancora ben solida nel 1951 allorché il PNM-MSI raggiunse il 26.5%, superando la stessa Democrazia Cristiana. Come abbiamo analizzato, in Provincia di Caserta c’erano realtà in cui il consenso per la Monarchia fu quasi unanime e Alberto Castagna, ispettore di zona del Partito Monarchico di Caserta, poteva esprimere la sua immensa soddisfazione.

Angelo Martino
redazione

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