Maria Gabriella di Savoia: «Juan Carlos? Un fidanzatino. Rifiutai di sposare lo Scià di Persia»

Tratto da “Il Corriere della Sera” di Enrica Roddolo

La figlia di Umberto III: spoglie in patria, grazie al presidente della Repubblica Sergio Mattarella


 

 

 

 

 

«Ella? Iniziarono a chiamarmi così in casa, perché Maria Gabriella era troppo lungo e allora… tra i nomignoli Gaby ed Ella, scelsero Ella». Maria Gabriella di Savoia, 78 anni, per tutti «Ella», parla al Corriere per la prima volta dal rientro in Italia — prima di Natale — delle salme dei nonni, la regina Elena e re Vittorio Emanuele III. Un rientro che ha creato scompiglio in famiglia, tra fratelli e sorelle.

«Questa sepoltura nel Cuneese tradisce la volontà dell’ultimo re d’Italia Umberto II. Maria Gabriella mi ha tenuto all’oscuro di tutto», ha detto suo fratello Vittorio Emanuele. «Sono adirato, l’iniziativa non è stata concertata in famiglia», ha rincarato Emanuele Filiberto. Perché? Perché tenere la famiglia all’oscuro fino all’ultimo?
«Per motivi di prudenza, per evitare problemi diplomatici e per scongiurare polemiche, non potevo davvero parlarne. Neppure in famiglia».

«Emanuele Filiberto ha compreso. Ha capito che la cosa meravigliosa è che ora le spoglie mortali dei nonni siano tornate in Italia, a 70 anni dalla morte in Egitto di Vittorio Emanuele III. Invece non capisco perché Serge (nipote, figlio della sorella Maria Pia ndr) entri sempre nel merito delle questioni di Casa Savoia… Ma quel che importa adesso è che l’ex re e l’ex regina d’Italia riposino nella cappella di San Bernardo nel Santuario di Vicoforte, in una terra, il Piemonte, bellissima e storicamente nel cuore dei Savoia».

Vicoforte e non il Pantheon, come avrebbero voluto Vittorio Emanuele, che vive a Ginevra come lei, ed Emanuele Filiberto. Maria Pia vi chiama i «Ginevrini», affettuosamente. E dice che litigate sempre, ma poi vi rappacificate.
«Ma il Pantheon non era destinato alle tombe dei re: Vittorio Emanuele III avrebbe dovuto esser sepolto in realtà al Vittoriano, ma quando morì non era pronto. Non è però questo il punto… l’importante è l’aver finalmente messo in salvo, nella sua Italia, il nonno. Quando hanno iniziato a infittirsi le voci di pericolo terrorismo in Egitto ho avuto davvero paura che potessero far esplodere il monastero di Santa Caterina dove era sepolto re Vittorio Emanuele III. Così ho iniziato ad attivarmi».

Ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lei che era di casa al Quirinale quando era la casa dei Savoia…
«Ed è stato per la comprensione del presidente Mattarella, al quale sarò sempre grata, che nonna Elena sepolta a Montpellier dal 1952, e nonno Vittorio che era sepolto ad Alessandria d’Egitto dove morì in esilio, sono potuti tornare. In tempi diversi, perché far rientrare il nonno dall’Egitto è stato ben più complesso. I miei ricordi del Quirinale? Beh, ci ho vissuto poco: presi il tifo da piccolissima e per non contagiare i fratelli mi mandarono a Napoli, prima a Villa Savoia e poi a Villa Rosebery».

«Ella prese il tifo e rischiò di morire: forse è anche per questo che ha sviluppato un’indole molto solitaria», ha ricordato sua sorella Maria Pia. Insomma, lei si muove spesso en solitaire. Maria Pia ha parlato anche dei suoi amori e delle sue passioni per l’arte studiata con Oskar Kokoschka. Dopo la Maturità Scientifica al Liceo Italiano di Madrid, l’Università di Ginevra e l’École du Louvre.
«Sì, sono stata allieva di Kokoschka, mi piace dipingere acquarelli e a Salisburgo mi sono appassionata anche alla musica di Mozart».

Quando era giovane si parlò di una sua love story con re Juan Carlos. Quanto c’è di vero?
«Ma eravamo molto giovani, come due fidanzatini, sempre assieme, mano nella mano… e siamo rimasti molto legati, lui è speciale, ci siamo rivisti anche di recente. Conosco bene anche il figlio, re Felipe, sono stata al matrimonio con Letizia, e conosco le sorelle di Felipe, le Infante Maria Cristina ed Elena, ovviamente».

Al tempo Juan Carlos non era ancora re.
«In Portogallo dove seguii papà Umberto in esilio, c’era una sorta di corte reale europea in trasferta, re senza più la corona però: c’erano i Conti di Barcellona (il padre di Juan Carlos senza più il trono occupato da Franco, ndr) e i conti di Parigi (discendenti della monarchia francese), gli Asburgo… e c’eravamo noi, gli italiani. A Natale si pranzava dai Barcellona, il giorno dopo eravamo tutti dai Parigi e per la Befana ci si vedeva a casa nostra, i Savoia».

S’innamorò di lei anche lo Scià. Vero?
«Mi chiese la mano, sognava di unire la sua dinastia con una dinastia europea ma… non me la sentii di abbracciare un Paese così diverso, tradizioni così lontane dalla nostre, un’altra religione. E oggi sono convinta che non avrebbe funzionato».

Lo Scià sposò Farah Diba, dopo Soraya e dopo Fawzia, sorella di re Farouk d’Egitto. L’ex imperatrice Farah Diba ha raccontato al «Corriere» i suoi anni di esilio. La conosce?
«Oh sì, certo. La Shahbanou (il titolo che le spettava in quanto imperatrice ndr) è una donna di grande intelligenza e sensibilità ».

E a proposito di nozze reali, a maggio il principe Harry sposa la borghese Meghan Markle. Funzionerà? Che ne pensa?
«Lei è un’attrice come Grace Kelly che ho conosciuto molto bene: è stata la donna che ha portato nel Principato, oltre alla sua bellezza, il mondo del cinema americano, insomma una nuova stagione. Chissà se Meghan saprà fare altrettanto, ma credo non sia così conosciuta, altrettanto famosa, vedremo».

Per le nuove coppie reali meglio una regina borghese, come Meghan, Kate, Grace o Farah Diba, tutte di natali borghesi?
«Non è detto, dipende dalle qualità di ciascuna. Sono sempre le qualità umane personali di una donna a fare la differenza. Non c’entrano molto il titolo o i natali borghesi».

Elisabetta II ha tagliato invece la boa dei 92 anni. La conosce?
«Sì, certo, sono stata anche nel Royal box alle corse di Ascot. Elisabetta è una donna di grande simpatia, davvero molto ironica, ma ho conosciuto meglio la sorella Margaret che adorava l’Italia e veniva spesso nel nostro Paese. E poi Carlo, molto colto e sinceramente appassionato d’arte, e pure Alexandra di Kent, Lord Mountbatten…».

Che cosa pensa della regina e del suo regno? E che cosa pensa della monarchia che a Londra, ma non solo, sta attraversando una stagione di grande successo mediatico?
«La regina Elisabetta è molto amata, perché in 65 anni di regno si è mossa sempre senza commettere errori. Come Margrethe di Danimarca, un’altra grande regina e anche una donna molto studiosa».

Già, tanto che Margrethe la chiamano la «regina bibliotecaria». A proposito di errori, prova mai rabbia per gli errori invece commessi da Casa Savoia? Per gli anni del secondo conflitto mondiale durante i quali i Savoia hanno compromesso, irrimediabilmente, il futuro?
«Certo che mi dispiace, e mi rattrista molto, ma così è la vita. E la storia non si può certo cambiare. Ricordo mio padre in esilio, dopo il referendum Monarchia-Repubblica del 1946, al quale mancava moltissimo il suo Paese. Ma era convinto di poterci tornare, invece poi entrò in vigore la XIII disposizione, ci fu la confisca dei beni… così si consolava collezionando stampe dell’Italia, dopo che la sua prima collezione di stampe italiane bruciò a Montecassino dove pensava sarebbe stata in salvo. Con la Fondazione Umberto II e Maria José di Savoia cerco di conservare le collezioni di famiglia. Ne ho radunate 11 mila di stampe: oltre alle mie, quelle di mia sorella Maria Beatrice che ora vive a New York ma è spesso in Italia. E non solo stampe, ma libri, disegni, fotografie di Casa Savoia».

Tra i figli del «re di maggio» è lei che ha ereditato da mamma Maria José la passione per la storia.
«Mi è sempre piaciuta, e sono felice che un’altra Gabriella, mia nipote di 14 anni (figlia di Elisabeth, nata nel 1972 dall’unione di Maria Gabriella con il finanziare elvetico Robert de Balkany ndr) abbia ereditato la stessa passione. Siamo andate a Superga e se n’è innamorata. Ha detto “sembra la casa delle fate”. Sono 4 volte nonna, e il più piccolo dei nipotini, Vittorio, ha solo 4 anni».

A proposito di storia. Nel 2007 sono stati battuti all’asta da Christie’s i gioielli di Maria José. Ma che ne è invece dei gioielli «della Corona»?
«Erano in realtà beni privati dei Savoia, perché sono gioielli in gran parte ricostituiti dalla regina Margherita che è stata una grande paladina della moda, dello stile italiano. Quando tutti guardavano alla moda di Parigi lei sfoggiava, orgogliosa, abiti di sartoria italiana. Ed essendo una donna di grande eleganza, molto raffinata, diede un grande aiuto all’industria della moda italiana… quanto ai gioielli della Corona, dato che gran parte del tesoro di gioie finì bottino napoleonico, fu proprio il gusto della regina Margherita a farli ridisegnare, ripensare dai grandi gioiellieri del tempo».

A partire da Bulgari. Gioielli di valore?
«Ci sono le famose collane a più giri di perle di Margherita e altre gioie, collier e bracciali, con brillanti. Ma il taglio delle pietre di allora non valorizzava i diamanti, dunque non credo abbiano grande valore. Ma grande valore storico e affettivo sì».

E da decenni sono nel caveau della Banca d’Italia, vero? Li ha mai visti?
«No, non li ho mai visti. Ho chiesto di poterli fotografare, anni fa, per un mio libro sui gioielli, ma non fu possibile. È passato tanto tempo, adesso si potrebbero almeno esporre».

 

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