Repubblica e monarchianel pensiero di Platone – Parte 1

di Merico Cavallaro

Secondo Platone la migliore condizione sociale per dar vita alla politica sarebbe quella di una comunità etica, una società nella quale tutte le persone si comportino secondo virtù ed equità, ma purtroppo non è possibile che queste si trovino in tutti allo stesso modo bensì è più facile che si trovino in un gruppo di persone o in una sola in maniera magistrale, una persona educata sin dalla nascita ad agire per il bene dello Stato intero. In Platone non c’è una contrapposizione o una preferenza netta tra monarchia e repubblica (comunque intesa come governo dei migliori elementi dello Stato, al di là del ceto sociale, per l’interesse di tutta la popolazione), il fine della costruzione politica è la migliore amministrazione possibile della polis. Sono tre le opere di Platone dedicate alla delineazione di un regime politico: la Repubblica, il Politico e le Leggi. La Repubblica è stata concepita come ideale di riferimento per la costituzione di una repubblica dei migliori, che deriva chiaramente dal patrimonio culturale pitagorico (che avremo modo di vedere nel seguito di questi articoli), imperniata sulla comunità etica dei guardiani-governanti-filosofi; il Politico discute in maniera analitica delle competenze che devono avere i politici per governare bene e per affrontare i problemi della realtà pratica; l’opera delle Leggi, infine, è un vero e proprio progetto per la costituzione di una polische tiene in considerazione problemi contingenti e necessità sociali.

Nel Politico, Platone descrive come dev’essere il perfetto uomo politico e differenzia sei tipologie di costituzione che suddivide in due gruppi: quelli “buoni”, che rispettano le leggi, ovvero la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia; e quelli “cattivi”, basati, invece, sul sopruso e che non sono altro che un’estrema corruzione dei regimi retti, ossia la tirannide, l’oligarchia e l’oclocrazia. Secondo il Filosofo, la risorsa fondamentale di chi governa sono la ragione e la morale per cui non avrebbe bisogno di leggi: il buon politico deve essere in grado di unificare e mescolare gli elementi che compongono una comunità secondo la giusta misura. Nell’Opera, alla ricerca di una definizione della figura del politico, Platone parte dallo scartare la definizione omerica secondo la quale “il re è pastore di uomini” perché implica una superiorità di razza da parte del politico, che invece deve saper ben mescolare le diverse classi affinché non ci siano dislivelli patrimoniali e sociali.

In mancanza della totalità dei cittadini o di una comunità di governanti ottimi, la monarchia appare dunque la costituzione migliore e più facile da attuare, essa consiste nel governo del buon politico, mentre la tirannide quella peggiore, come del resto aveva già scritto in Repubblica, 587 c 6-588 a 11:

 

Repubblica, 587 c 6-588 a 11.

– Partendo dall’oligarchico, il tiranno veniva al terzo posto, perché tra loro era l’individuo di tendenza popolare.

– Sì.

– Ora, non abiterà il tiranno insieme con un simulacro di piacere che, messo in rapporto con la verità, viene terzo a partire da quello oligarchico, se è vero quanto si è detto prima?

– È così.

– E l’oligarchico a sua volta viene al terzo posto dopo l’individuo regale, se accettiamo l’identificazione tra aristocratico e regale.

– Sì, al terzo posto.

– Allora, feci io, dal vero piacere il tiranno dista, con espressione numerica, tre volte il triplo.

– È evidente.

– Quindi, come sembra, ripresi, un numero piano potrà esprimere il simulacro del piacere tirannico, secondo il numero lineare.

– Precisamente.

– Se poi si calcolano il quadrato e il cubo, è chiaro quanta sia la distanza.

– È chiaro, rispose, ma a un esperto di calcolo.

– Ora poniamo che, rovesciando i termini della questione, uno voglia enunciare quanto dista il re dal tiranno nella verità del piacere. Quando avrà eseguita la moltiplicazione troverà che la vita del re è settecentoventinove volte più piacevole e quella del tiranno altrettante volte più sciagurata.

– Ci hai sciorinato, disse, un calcolo straordinario per esprimere quale differenza intercorra tra i due uomini, il giusto e l’ingiusto, in fatto di piacere e dolore.

– E d’altra parte, feci io, è un numero vero e corrispondente alle loro vite, se è vero che a queste corrispondono giorni e notti, mesi ed anni.

– Certo che vi corrispondono, rispose.

– Se, dunque, l’uomo giusto e buono tanto supera nel piacere il cattivo e ingiusto, quanto mai lo supererà nell’eccellenza del vivere, nella bellezza e nella virtù?

– Straordinariamente, per Zeus! Disse.

 

In questo passo Platone mostra una gradazione tra i vari tipi di politico con evidenti caratterizzazioni morali che esemplarmente connotano le varie figure.

Nella presentazione di questo calcolo Platone parte dalla presentazione di due terne di successione: «regio/aristocratico-timocratico-oligarchico»e «oligarchico-democratico-tiranno», che ci mostrano un degradamento delle forme politiche secondo la teoria platonica, da cui il Nostro filosofo opera il suddetto calcolo con il quale ci mostra che il tiranno è tre volte il triplo

 

3 x 3 = 9 che elevato al cubo dà 729

 

dunque settecentoventinove volte lontano dal vero piacere e, quindi, la sua vita sarà settecentoventinove volte meno piacevole di quella dell’individuo regio, un numero che, scrive Frajese nel suo commento1, corrisponderebbe al numero complessivo dei giorni e delle notti considerate dall’anno di Filolao, composto da 364 giorni e mezzo, 364 notti e mezza.

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1.     FRAJESE, A.,Platone e la matematica nel mondo antico, Roma, 1963, p.151.

A proposito della preferenza di Platone per il governo di un solo uomo dotato di scienza regale molti oppongono ragionamenti che sostanzialmente poggiano su argomenti  di questo genere: egoismo della persona del re; incapacità del monarca a comprendere i bisogni della popolazione. Ambedue chiaramente fondati sul pregiudizio che il monarca è un despota. Un argomento è: “E se questo “buon politico” non fosse davvero così buono? La monarchia non può essere considerata il governo migliore, in quanto si basa esclusivamente sulle scelte e sui pensieri di un’unica persona, non sempre dotata della ‘scienza regale’ citata da Platone”. Abbiamo visto che per Platone è condizione necessaria per il buon politico il possesso di una serie di requisiti morali e intellettivi. Un altro, poi, è del genere: “Un singolo uomo non può essere in grado di prendere le decisioni migliori per il proprio popolo, anche se egli fosse l’uomo più saggio del mondo, poiché non potrà mai trovarsi in accordo con tutti i cittadini.  La monarchia non può tenere in considerazione i diversi bisogni di una comunità”. I fatti storici ed odierni smentiscono questa accusa, un regime monarchico non è più soggetto a svolte dittatoriali che una repubblica democratica o presidenziale, anzi l’identificazione della propria persona con quella dello Stato porta il monarca ad un’attenta e continua vigilanza personale senza altri interessi alla sicurezza interna.

Ma occorre essere in buona fede nella lettura di Platone e fare attenzione al testo, perché per Platone la condizione necessaria per il potere regio è il possesso della “scienza regia” che si giunge ad ottenere solo da una persona educata sin dalla nascita a pensare ed agire per il bene dello Stato, dunque una figura di monarchia costituzionale garante del rispetto dell’equità e delle regole, dell’ordine e della libertà di tutti, nessuno escluso e nessuno penalizzato. Intendere e lasciar intendere che Platone delinei la figura di un governante che governa a proprio capriccio e prossima alla tirannide è scorretto, fuorviante e disonesto non solo nei confronti dell’Autore ma innanzitutto nei confronti di coloro che lo leggono.

Tesi come quelle di Karl Popper che danno una lettura di Platone come un pensatore totalitario e avversario dello Stato democratico, dello Stato in cui tutti sono uguali per natura, appaiono allo scrivente sconcertanti perché uno studioso come Popper non può essere scusato di non aver ben letto e compreso Platone. Platone è contro lo Stato demagogico, sia della peggiore e rissosa democrazia che della tirannide, ambedue ingiuste e violente, irriconoscenti del valore degli uomini e premianti gli individui solo in termini di convenienza, come gli esempi che ci pone dinnanzi la storia dei tempi di Platone (e non solo).

Forse bisognerebbe porre sotto analisi il concetto di “democrazia” di Popper che parte da una aderenza al marxismo materialista per giungere poi a posizioni riformiste che vedono la politica come adeguamento alle condizioni della società, una posizione prossima all’annichilimento giuridico e politico in una prospettiva di liberismo sfrenato e senza regole. Ma in questa ottica la politica non ha più una funzione di guida e sviluppo della società bensì la rincorre. Dunque, se la politica non serve a risolvere i problemi e ad offrire prospettive essa si riduce a semplice burocrazia amministrativa. Anche questa visione nichilista della politica è alla base della crisi della società odierna.

plato-ipg

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