Sacra Sindone e la sua immagine in mostra a Torino

In occasione della riapertura della Cappella Reale del Guarini, restaurata dopo l’incendio del 1997, a Torino inaugura la mostra “La Sindone e la sua immagine”. 80 opere raccontano le ostensioni degli ultimi cinque secoli tra storia, arte, fede e devozione.

Paolo Ondarza- Città del Vaticano 

La storia delle ostensioni della Sindone degli ultimi cinque secoli: in particolare dal 1578, quando il Sacro Lino, di proprietà sabauda fin dal Quattrocento, fu trasferito da Chambery a Torino per volontà di Emanuele Filiberto di Savoia. A ripercorrerla è la mostra “La Sindone e la sua immagine” allestita dal 28 settembre al 21 gennaio prossimo nel suggestivo ambiente della Corte Medievale di Palazzo Madama. Un luogo significativo, edificato nel 1636 da Cristina di Francia, sulla cui parete di fondo campeggia un affresco raffigurante l’Ostensione del 1642, celebrativa della cessazione delle ostilità tra la Madama Reale, reggente per il figlio Carlo Emanuele II e i suoi cognati, il Principe Tommaso e il Cardinale Maurizio.

Una mostra per la riapertura della Cappella di Guarini

La rassegna, curata da Clelia Arnaldi di Balme, conservatore di Palazzo Madama, si svolge in occasione della riapertura dopo l’incendio dell’11 aprile 1997  della restaurata Cappella della Sindone, opera di Guarino Guarini. Quella notte, grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco, il Sacro Lino uscì indenne. Era già accaduto con il rogo del 1532 a Chambery: uno dei generali di Emanuele Filiberto – spiega Clelia Arnaldi di Balme – mise in salvo la Sindone dalle fiamme. Lo testimonia in mostra il libro di preghiere che quest’uomo, Cristoforo Duch, regalò a Margherita di Valois nel 1559. In esso è contenuta una miniatura di altissima qualità nella quale è visibile una delle più antiche rappresentazioni della cappella ducale del castello di Chambery”.

80 opere, tra fede e storia, raccontano il rapporto tra Torino e la Sindone

L’esposizione conta circa 80 pezzi provenienti in particolare dal Castello di Racconigi e dalla Fondazione Umberto II e Maria Josè di Savoia di Ginevra, oltre che dal Museo della Sindone di Torino e dalle collezioni di Palazzo Madama. Sono immagini che illustrano lo stretto rapporto tra Torino e la Sindone: celebrative, legate ad eventi storici come ostensioni di corte, opere di alto livello esecutivo accanto ad altre di natura più devozionale. Incisioni, disegni, dipinti su carta, seta o pergamena, ricami e insegne processionali raccontano con la dovizia di una cronaca la Sindone nello scorrere dei secoli, accanto alla quale si avvicendano personaggi storici, ecclesiastici, nobili, santi e Madonne. Tra gli oggetti significativi è esposta la cassetta che servì a trasportare il lenzuolo a Torino nel 1578 e la macchina fotografica da campo utilizzata da Secondo Pia, il primo a documentare fotograficamente la Sindone nel 1898. “La più importante reliquia della cristianità nella quale è impresso il corpo di Cristo, – spiega la curatrice – è stata gelosamente custodita dalla Famiglia dei Savoia che spesso ne ha fatto un emblema del suo potere”.

Il Papa e la Sindone, icona del Sabato Santo da venerare in preghiera

Storia, fede e devozione si intrecciano a Torino attorno alla Sindone divenuta un simbolo nell’immaginario dei cittadini. Essa è però soprattutto oggetto di culto che continua ad attirare pellegrini da ogni parte del mondo. Basti pensare che le due ultime ostensioni del 2010 e del 2015, a cui hanno partecipato gli ultimi due Papi, hanno entrambe superato i due milioni di visitatori. Di fronte alla Sindone – ha detto Papa Francesco – “il nostro non è un semplice osservare, ma è un venerare, è uno sguardo di preghiera. Questa immagine – impressa nel telo – parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore”. Pellegrino nel 2015 anche il Papa emerito Benedetto XVI che ha definito il Sacro Lino “icona del Sabato Santo”: “se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla, senza contare quanti la contemplano mediante le immagini, – ha detto – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio”.

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