Sua altezza il Principe Amedeo di Savoia ricorda “Il Re signore”

Tratto dal sito Altezza Reale di Marina Minelli

Il 9 maggio 1946 Umberto II diventa sovrano di un Paese distrutto dalla guerra e in procinto di scegliere la propria forma di governo. Salito al trono in seguito all’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III, Umberto II regna per soli 36 giorni e poi, dopo il referendum monarchia-repubblica, sceglie di andarsene per evitare una crisi istituzionale. Settanta anni dopo ecco il ricordo del Principe Amedeo d’Aosta.

umberto-ii

“Il Re era una persona estremamente semplice, pacata, di idee chiare e molto simile ai sovrani delle attuali monarchie. In lui si poteva scorgere il senso mistico di Carlo Alberto e anche dalla lontana Cascais dimostrava abilità di giudizio sulle faccende italiane”. Amedeo di Savoia parla sempre con grande emozione dello zio Umberto II a cui era molto legato e non può fare a meno di rilevare che “purtroppo il sistema repubblicano ha scelto la discontinuità con la monarchia, rinunciando a una serie di valori che hanno fatto la storia d’Italia”. “Ne ho avuto un chiaro esempio – prosegue il Principe – quando a Monza venne ricordato il centenario dell’assassinio di Umberto I. Ero presente, ricordo i balconi e le vetrine dei negozi con il tricolore, era tutto molto patriottico. Il sindaco, che non credo fosse monarchico, chiese a Roma se il presidente Ciampi gradiva mandare una corona di fiori. Il Quirinale rispose negativamente facendo notare che il gesto era da sottolineare come un segno di discontinuità col passato regime. Per me fu una delusione, quasi come se la storia d’Italia iniziasse nel 1946 attribuendo al Re colpe non sue e che negli altri Paesi non vengono associate ai capi dello stato, siano essi sovrani o presidenti”. “L’ultimo Sovrano e il suo operato dopo la guerra – osserva Amedeo di Savoia – sono stati descritti con esagerazioni e punti di vista faziosi. Negli anni in cui re Umberto II era in esilio tuttavia giudizi positivi nei suoi confronti sono stati espressi dai tanti italiani che ha ricevuto a Cascais e anche da diversi protagonisti di quei giorni come Togliatti, Churchill e Eisenhower”.

Il quarto re d’Italia, quarantaquattresimo capo di una famiglia che ha regnato per 29 generazioni consecutive, era, ma pochi lo sanno, la persona più titolata al mondo con 137 predicati nobiliari, ma nonostante i titoli tutti quelli che hanno conosciuto e frequentato Umberto II sia in Italia che durante l’esilio portoghese parlano di lui soprattutto come di un “grande signore”.

Durante il regno di Vittorio Emanuele III la corte sabauda abbandona i fasti umbertini tipici della fine dell’800 diventando la seconda per importanza e prestigio in Europa, preceduta solo da quella britannica. La monarchia italiana fino al 1940 mantiene inalterata la propria pompa regale fatta di rigida etichetta, carrozze scortate dai corazzieri a cavallo, discorsi della corona al parlamento, gioielli, uniformi, manti di corte, cifre reali e molto altro ancora. Nelle residenze reali sparse per l’Italia inoltre i Principi del sangue, dei rami Aosta e Genova, svolgono i loro doveri di rappresentanza in nome del sovrano in numerosi impegni istituzionali. In questo periodo dorato il futuro Umberto II affascina le folle, riscuotendo successo in ogni impegno svolto e forse proprio per questo e per le sue idee contrarie al regime fascista il duce non solo lo fa seguire dalla polizia segreta ma gli concede poca visibilità sui media, con l’ordine tassativo di non riferirsi mai a lui come principe ereditario ma solo col titolo dinastico di principe di Piemonte.
La storia ufficiale descrive Umberto II come un erede passivo escluso dagli affari di stato, lontano dalle stanze dove si prendono decisioni, ma la realtà probabilmente è diversa. Mussolini rivela al suo biografo in una conversazione riservata quanto l’opinione pubblica si sbagli, il principe è un uomo moderno che si ritiene al servizio dello stato e non viceversa, conscio della reale situazione del Paese concludendo che “non vuole rappresentare un personaggio, intende esserlo”. Sono poi le parole dello stesso Umberto a spiegare il rapporto istituzionale con il padre Re: “[..] quella era la rigida disciplina: i Savoia regnano uno alla volta, il Re non ha figli né amici e non può essere niente altro che il Re. Una regola quasi monastica che mio padre osservò per tutta la vita [..] non so se fu virtù o manchevolezza, ma è certo che ne ricavò soltanto antipatie, incomprensione, fama di uomo arido e gretto.” L’unica persona con cui Vittorio Emanuele III si confida è la moglie, la Regina Elena. E sono sempre i racconti di Umberto II a far luce: “c’erano tre insormontabili barriere che mi vietavano le sue confidenze: io ero suddito, ufficiale, Principe Ereditario. [..] le cose che non voleva dirmi io le conoscevo ugualmente. Era mia madre che mi teneva al corrente delle vicende e dei più gravi problemi che assillavano il Re. [..] ho il dubbio che fosse mio padre a ordinare che fossi informato così minutamente su tutto, ma per vie indirette, in modo che restassero inviolate le sue prerogative e invalicati i miei limiti.” Come Principe Ereditario Umberto era anche molto attivo presso il Vaticano e il Senato, vero argine al regime, in cui riuscì a far bocciare la legge voluta dal duce che avrebbe messo sul tricolore il fascio littorio accanto allo stemma sabaudo. Sono anni in cui agisce nell’ombra, tenendo contatti con diplomatici stranieri presso la Santa Sede e avallando con scarsi successi i tentavi di evitare l’entrata in guerra dell’Italia favorendo la caduta del regime. Stessa sorte nel 1942 subiscono quelli del Duca d’Aosta Aimone che riceve mandato dal Re di chiedere la pace separata agli Alleati, che però esigono la resa incondizionata per fiaccare l’Italia.

 

umberto-ii-2

 

Umberto II ancora Principe di Piemonte, con il padre Vittorio Emanuele III e Amedeo terzo Duca d’Aosta

 

Il ruolo pubblico di Umberto cresce nell’autunno del ’43 durante la cobelligeranza con i nuovi alleati, che lo vorrebbero sul trono al posto del padre. In quei mesi drammatici il principe di Piemonte si impegna in prima persona per riabilitare la figura del soldato italiano lavorando giorno e notte, feste comprese, e rischiando anche la vita come accade il 20 novembre durante un’ispezione ad Aversa in cui rimane esposto a un mitragliamento aereo. A lui infatti si deve la riorganizzazione del Regio Esercito nelle province del Sud che tra le diffidenze degli Alleati viene impiegato per la cacciata dei tedeschi, conquistando poi, con azioni eroiche, il rispetto delle truppe cobelligeranti. In un rapporto americano il generale Mark Klarc descrive il comportamento di Umberto segnalando che il principe italiano è pronto a morire in battaglia. Uno degli episodi più famosi di quel periodo riguarda la conquista di Montelungo sul fronte del Volturno, dove gli americani necessitano di un ufficiale italiano che sorvoli la zona per effettuare una ricognizione insieme a un loro pilota. Umberto riesce a far valere la sua anzianità e per mezz’ora sorvola le postazioni tedesche che sparano sul velivolo senza sosta prendendo nota di tutto, carri e nidi di mitragliatrici compresi. Tornato a terra tra l’entusiasmo degli ufficiali italiani il generale Walker lo propone per la Silver Star, che però non riceverà mai per la contrarietà della Casa Bianca.
Negli stessi mesi tornano in vita i partiti politici che, come riportano i rapporti degli agenti statunitensi, pensano fin da subito ad attuare vendette e conquistare potere. La lotta politica è poi acutizzata dagli interessi di parte di Unione Sovietica, U.S.A e Regno Unito che hanno veri e propri scontri diplomatici sulle sorti dell’Italia. In questo clima il 12 giugno 1944 Vittorio Emanuele III decide di farsi da parte nominando il figlio Luogotenente del regno trasferendogli i poteri di capo di stato, di fatto si tratta di una abdicazione informale. Rientrato a Roma Umberto dopo aver incontrato il Papa si installa al Quirinale nell’appartamento di suo nonno e cerca come può di amministrare le province liberate. Tutti i giorni vive secondo il suo motto “l’Italia innanzitutto” e rivela “non so come trattare la gente, specialmente quando è avversa alla monarchia. Se sono troppo affabile può sembrare che voglia raccogliere adesioni e simpatie, se sono troppo rigido che sia orgoglioso”.

Alle sette del mattino è in piedi e al lavoro, concede udienze, apre il palazzo ai bambini mutilati e ai rifugiati dei bombardamenti, ogni giorno sale su un aereo per raggiungere il corpo italiano di liberazione, visita le zone appena riprese ai tedeschi, incontra i partigiani, anche quelli comunisti che gli mettono i fazzoletti rossi al collo. Serietà, costanza, regale spirito sopra le parti gli vengono riconosciuti dagli Alleati e dagli implacabili nemici repubblicani, che in ogni modo comunque cercano di screditarlo. Con i decreti luogotenenziali Umberto abolisce la pena di morte, concede il voto alle donne e pone le basi per le autonomie locali di Sicilia e Valle d’Aosta, mentre nel 1946 istituisce il 25 aprile come festa della liberazione. Cerca in ogni modo di riportare il Paese alla normalità e alla democrazia, e per evitare una seconda guerra civile decide di non opporsi alle forzature del governo attuate dopo il referendum istituzionale e parte sacrificando se stesso per l’esilio pur di non spargere altro sangue italiano. Anche dal Portogallo la sua dignità non viene meno affrontando da signore i soprusi di cui è vittima da parte dei politici italiani e attraverso il nipote Amedeo e il ministro della Real Casa Falcone Lucifero è sempre partecipe alle gioie e alle tragedie del suo popolo. Negli anni ’50 nella provincia di Bolzano Umberto II fonda un circolo culturale dedicato a migliorare la convivenza della cultura bilingue dell’Alto-Adige, e la sua voce è una delle poche che per diverse volte si alza in difesa della zona B di Trieste e dell’Istria cedute dai governi italiani alla Jugoslavia di Tito senza alcuna contropartita territoriale e rispetto delle popolazioni locali.

 

Image: 0145999354, License: Rights managed, Posing at the Delphi Amphitheatre during the Royal cruise, guided by the King and Queen of Greece, are host and hostess and four of the guests.  In front (from left): King Paul of Greece; Queen Juliana of the Netherlands and Ex-Queen Marie Jose of Italy.  Rear (from left): Queen Frederika of Greece; Ex-King Michael of Rumania and Ex-King Umberto of Italy., Place: Delphi, Greece, Model Release: No or not aplicable, Credit line: Profimedia.cz, Corbis
Image: 0145999354, License: Rights managed, Posing at the Delphi Amphitheatre during the Royal cruise, guided by the King and Queen of Greece, are host and hostess and four of the guests. In front (from left): King Paul of Greece; Queen Juliana of the Netherlands and Ex-Queen Marie Jose of Italy. Rear (from left): Queen Frederika of Greece; Ex-King Michael of Rumania and Ex-King Umberto of Italy., Place: Delphi, Greece, Model Release: No or not aplicable, Credit line: Profimedia.cz, Corbis

 

Umberto II con i cugini-colleghi durante la famosa crociera dei Re, Paolo di Grecia, la Regina Frederika, Re Michele di Romania, Giuliana dei Paesi Bassi e Maria Josè

La sua morte il 18 marzo 1983 viene totalmente ignorata dalla repubblica, ma nonostante tutto ai funerali ad Altacomba giungono 10.000 italiani da ogni parte della penisola e a dimostrazione del prestigio di questo Re signore vi partecipano Juan Carlos e Sofia di Spagna, Baldovino e Fabiola del Belgio, i Granduchi di Lussemburgo e i Principi di Liechtenstein, Ranieri di Monaco col figlio Alberto, il Duca di Kent in rappresentanza di Elisabetta II, i Re di Bulgaria, Grecia e Romania, membri delle case di Baviera, Austria e Francia e un Nunzio Apostolico in rappresentanza del Papa. L’unica manifestazione di cordoglio in patria avviene il 20 marzo quando i giocatori della Juventus, sua squadra del cuore, portano il lutto al braccio per volere di Gianni Agnelli nella partita contro il Pisa.
Il Principe Michele di Grecia, discendente dei sovrani ellenici e famoso scrittore, descrive così l’ultimo Re d’Italia: “[..] aveva tutte le qualità richieste da un monarca di prestigio. Di bell’aspetto, dotato di gran classe ed eleganza, colto, amabile e pieno di fascino, sarebbe stato il migliore rappresentante della monarchia italiana se la sorte non avesse voluto che il suo regno durasse poco più di un mese, impedendogli così di esprime le sue qualità”.

Alessandro Sala

 

umberto-ii-6

 

Umberto II con Amedeo di Savoia quinto Duca d’Aosta e Claudia di Francia

Condividi:

Chi Siamo

Costituito a Roma il 30 maggio 2005 per volontà di un una compagnia di persone dall’ alto profilo morale ed intellettuale, “Rinnovamento nella Tradizione – Croce Reale” è un movimento culturale identitario, di cultura, valori, tradizioni e monarchia.

Come aiutarci:

Torna in alto