Sull’utilità per la cultura politica di approfondire la conoscenza della monarchia su base democratica

di Merico Cavallaro

Nell’immaginario collettivo è diffusa l’opinione che la differenza tra repubblica e monarchia sia nel fatto che nella prima si è cittadini e nella seconda sudditi, nella repubblica si è liberi e nella monarchia si è servi. Invero (siccome l’immaginario collettivo è ben lungi dall’essere la realtà), queste sono considerazioni  infarcite di arretratezza culturale e tanto spesso ci stupiamo del fatto che tra i Paesi più aperti mentalmente, più progrediti e con maggiore sicurezza, ci siano quelli retti da monarchia. Così come non è signore e padrone il sovrano platonico, come non lo era il re miceneo tramandato dalla tradizione omerica, così non lo è il rappresentante di un’odierna monarchia costituzionale. Insomma, il discorso viene frainteso piuttosto su una questione, inesistente, di dignità che non esiste assolutamente, ma vediamo come le cose non stanno proprio in questa maniera. Io non m’inginocchierei dinnanzi ad un altro uomo come se fossi una bestia, perché verrebbe meno la dignità ed il rispetto che sono in entrambe (in me, come libero cittadino, e in lui, come espressione della sovranità che un popolo di persone libere e degne gli conferisce), né uno che fosse sovrano di un popolo dignitoso accetterebbe che un suo concittadino s’inginocchierebbe come un animale per lo stesso motivo (e questi non sarebbe il sovrano di un popolo bensì un individuo paragonabile ad un capomandria o il capo di un movimento politico monolitico).

Il principio che sta a fondamento di una seria comunità politica è: io concedo allo Stato il mio diritto assoluto di agire liberamente in tutto e per tutto, m’impongo delle limitazioni e riconosco alla Persona che lo rappresenta la dignità che è in me e negli altri al fine della garanzia della pacifica convivenza e del progresso culturale ed economico. Anche l’identificazione dell’interesse di una persona con la figura del monarca hobbesiano o ancor più con quella del principe machiavellico non risponde alle esigenze di uno Stato moderno. Propriamente non risponde alle necessità di uno Stato che voglia prosperare e godere di una pace durevole (è impensabile poter mantenere ordine e pace con il dispotismo e uno dei migliori esempi che ci offre la storia è Ottaviano Augusto con il suo lunghissimo regno e le porte del Tempio di Giano chiuse per ben quarant’anni). In particolare, pensare di assimilare la figura del monarca con quella del tiranno machiavellico è l’esempio più errato ed opposto ad una figura seria di monarca che identifica i propri interessi con quelli dello Stato, poiché questa identificazione deve essere subordinazione e annullamento degli interessi personali in favore degli interessi dello Stato).

Se vogliamo uno Stato democratico, inteso come partecipazione politica di tutti, dobbiamo necessariamente distinguere due istanze di tale democrazia: la prima, che possa essere la maggioranza a governare; la seconda, che siano riconosciuti i diritti politici e civili e le tutele dei cittadini tutti (maggioranza e minoranza politica). Questo implica che ci sia una distinzione tra una figura con compiti decisionali, deputata a svolgere le funzioni di governo, ad una figura con funzioni di garante, né è possibile che le due figure possano essere unificate. Se prendiamo ad esempio un Paese con regime presidenzialista, dove quindi il presidente viene eletto dalla maggioranza, questi sarà espressione della maggioranza che lo ha eletto e governerà in base al programma che si è prefissato. Laddove, invece,  le funzioni del governo e dello Stato sono distinte, si hanno necessariamente due figure distinte. Ovviamente, se la figura che deve rappresentare lo Stato, quindi la popolazione e le istituzioni, deve assumere una reale funzione superpartes, il passato politico di appartenenza partitica potrebbe non fugare dubbi sull’imparzialità o potrebbe comunque condizionarne l’agire e le funzioni.

Dunque, come prima cosa la persona che incarna la figura dello Stato deve identificare i propri interessi con quelli dello Stato nella direzione opposta a quella indicata dal principe machiavellico e del sovrano assoluto hobbesiano e, come seconda cosa, deve assolvere a funzioni di tutela delle istituzioni e della popolazione con educazione e preparazione adeguata a non risentire condizionamenti partitocratici. Se vogliamo tutelare la democrazia bisogna garantirla dalla demagogia, ossia dal male che subdolamente attacca sulla popolazione. Questo è il compito della Persona che incarna lo Stato. Anche in questo il dato storico e teorico è importante e ci mostra come dall’antichità la popolazione sia facile preda di illusioni e corruzione e nonostante belle parole e belle intenzioni il combinato degli interessi personali tende sempre a viziare il buon governo e imporre gli interessi personali ad esso. È, quindi, necessità dello Stato tutto, quindi del benessere sociale, far sì che questo non avvenga e che tale principio non possa essere soggetto nemmeno alla volontà di una maggioranza.

Nel presente lavoro intendiamo riferirci alla forma della monarchia costituzionale e per questo abbiamo inteso precisare più volte che questa forma si differenzia da ogni altra forma costituzionale di dominio personale e si fonda sulla democrazia: una espressione costituzionale che non è una conquista della modernità bensì della maturità del corpo politico tutto.

Abbiamo menzionato sopra tra parentesi Ottaviano Augusto per aver assicurato allo Stato nell’arco della sua lunghissima vita politica ben quarant’anni di pace, una personalità ineguagliata nell’antica Roma che pur sempre rappresenta un personaggio politico particolare (e bisogna precisare che egli era imperator, acclamato dalle truppe). L’antichità classica conosceva una varietà di regimi politici (al presente, come articolo, non possiamo fornire approfondimenti) oggetto di riflessione di alcuni filosofi, come Platone e Aristotele, o di pratica, come per la comunità dei Pitagorici. Platone, l’autore dello Stato “ideale” della Repubblica (con il suo “comunismo etico” riservato ai guardiani e ai politici) e del “progetto” delle Leggi (lo Stato attuabile fondato sulla proprietà privata) non mancò mai di rilevare che la miglior costituzione possibile per uno Stato fosse quella monarchica (di cui in particolare ne tratta nella Repubblica e nel Politico), dove il sovrano possedeva determinate virtù e poteva garantire pace, ordine e prosperità al Paese. Contro il perfetto sovrano la sua contraffazione, il tiranno. Platone trova che le figure del monarca e del tiranno siano tanto lontane ed imparagonabili al punto che cerca di rendere questa distanza abissale in un passo della Repubblica (587 c 6-588 a 11) con una proporzione matematica secondo la quale la vita dell’individuo regio è settecentoventitré volte più felice di quella del tiranno. Il primo è il meno soggetto tra le figure politiche a vivere con vincoli e costrizioni, mentre il tiranno è il meno felice, in quanto costretto a mantenere quel sistema di corruzione di cui si è servito per prendere il potere (tra questi vi sono gli altri tipi di regime che richiedono un maggiore coinvolgimento degli interessi personali o il coinvolgimento della popolazione tutta, casi tutti questi dove raggiungere e mantenere la giustizia e l’equità è cosa difficile: infatti, se il potere è gestito da una parte politica senza controlli e garanzie di tutela anche per gli oppositori, l’equità non sarà possibile).

Andare a scomodare Platone non è un puro esercizio culturale (ricordo ancora che per motivi di economia del discorso al presente non è possibile fare approfondimenti, pur necessari alla completezza del discorso) bensì un importante riferimento dal quale attingere in termini di una monarchia con forte interesse sociale, che non è frutto della modernità (temporalmente intesa) ma dell’ampiezza e sensibilità culturale.

In chiusura, per avere una corretta visione di quello che è un legittimo regime monarchico, tale da sfatare i luoghi comuni, ma anche per avere una completa conoscenza politica e democratica, sarebbe auspicabile che ci siano istituzioni, anche private, che si occupino di fare approfondimento e divulgazione culturale. Un centro che si occupi di approfondire la riflessione e promuovere il dibattito tra le diverse forme costituzionali, cosa della quale può giovare la cultura politica, in particolare, e la formazione della coscienza democratica, specialmente in questi ultimi anni in cui si parla di mutamento costituzionale dell’attuale repubblica parlamentare in una presidenziale, con il relativo spostamento del centro del potere dalla sede parlamentare (quel Parlamento a cui noi Italiani siamo legati da un rapporto di amore e odio, ma che si è sempre mostrato come organo di dibattito ampio, capace di dar perle di diritto – come, tanto per citarne una, l’art.3 del codice civile del 1865: “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino”) alla figura del presidente.

stemmamonarchia

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