Un NO secco già oggi alla banda Renzi-Boschi

Diciamo già oggi un primo secco “No” al PD di Renzi, Boschi e compagnia cantante. Un “No” a chi, come Renzi, usa il partito per ricattare il governo e umiliare il Parlamento col cappio dei voti di fiducia. Lo fa contro il suo stesso partito. Fa la ribollita con i suoi seguaci e le compagnie di ventura. Il truce Verdini è solo il più visibile dei suoi colonnelli.

Il voto di Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna è politico. È il voto degli italiani che vogliono contare e farsi contare. È il voto di chi rifiuta i metodi e i fini di Renzi-Boschi-Lotti. Da anni costoro vogliono azzerare il diritto dei cittadini di scegliersi i propri rappresentanti, dai consigli provinciali al Senato. Se non si ferma questa deriva, prima o poi anche i sindaci verranno nominati “dall’alto” senza consultazioni elettorali,  declassate a “ludi cartacei”, come diceva qualcuno (finito male).

Chi oggi va a votare lo fa per sé e per tutti gli italiani arcistufi delle chiacchiere di Renzi.

Parecchi antichi militanti e simpatizzanti del Partito democratico hanno alle spalle una storia di lotte per la giustizia: sono persone rispettabili e coerenti. C’è un unico modo per liberarle dalla gabbia del renzismo, di cui sono anch’esse vittime: non votare per chi è manifestamente colluso con il “Segretario-Presidente”, uno e trino: capatàz del suo partito grazie a “primarie” la cui verità andrà scritta; primo ministro per decisione (eterodiretta?) di Napolitano Giorgio e, infine, imbonitore da villaggio. Un po’ Frate Cipolla, un po’ aspirante dittatorello, ora Renzi racconta anche la fiaba che si accontenterebbe di altri due mandati (dopo l’attuale, s’intende), dimenticando che a decidere le sorti del governo è il Parlamento, che non rappresenta le camarille a lui care ma i cittadini.

Votare “No” ai candidati renziani è anche un messaggio ai troppi parlamentari voltagabbana. Ed è un monito a tanti “poteri forti” oggi proni al governo. Dinnanzi alla protervia di Benito Mussolini il liberale Luigi Einaudi deplorò “il silenzio degli industriali”. Oggi il presidente della Confindustria batte le mani a “riforme” la cui efficacia è quotidianamente smentita dai dati statistici, incluso il debito pubblico, sempre in aumento. Da che parte stanno gli “industriali” e le banche? Dei parassiti o dell’impresa?

Infine. Gli scouts hanno una regola d’oro: la lealtà. Emarginano chi mena il can per l’aia e tira a fregare. L’opposto di quanto hanno fatto Matteo, Maria Elena e soci: annunci, rinvii, raggiri, come insegna la lugubre tragedia di tanti cittadini frodati, irrisi, suicidi per disperazione. Gli italiani sono tutti “da rottamare”…? Pessima “parola d’ordine” di chi oggi dice di voler usare “il lanciafiamme” per ripulire il suo stesso partito. Il PD è forse una cloaca? Ipse dixit. Allora, meglio è votare per chiunque altro…

Dunque, c’è un unico modo per dire chiaro e netto che di costoro ne abbiamo basta: bocciare i candidati renziani, in attesa del referendum sulle sciagurate riforme della Costituzione. A differenza di quanto asserito da Benigni Roberto, sgraziato pupattolo a noleggio, questa Costituzione non è affatto la migliore del mondo. Però sinora è risultata la meno peggio. Taglia la strada al regime del magna-magna unico che Renzi e la sua combriccola hanno in mente: senza partiti ma con tante partite, banche fallite, imprenditori rampanti (nessun riferimento a Carrai, l’intimissimo che Renzi voleva ai servizi segreti; nessun riferimento alla Manzioni, già vigile urbana a Pietrasanta, da lui elevata a Ninfa Egeria del “legislativo”). Teniamoci stretta la possibilità che il presidente della Repubblica non esprima un solo partito o una congrega ma tutti gli italiani.

Chi oggi ha la fortuna di andare alle urne, lo fa anche per i 45 milioni di italiani che da anni attendono di dire la loro sul destino del Paese in balia delle onde di un’Europa che, comunque vadano Brexit e altro, al momento è in ginocchio. L’Italia ha bisogno di una Costituente vera e di una legge elettorale seria (i collegi uninominali). Oggi si vota anche per questo. Rimandiamo Renzi a… ottobre. E il Presidente dl Consiglio ci dica domani, senza altri indugi, la data del referendum. Gli italiani hanno diritto di conoscerla per regolare l’agenda dei propri diritti/doveri in quel mese denso di impegni. Comunicare la data del referendum è il minimo che Renzi deve fare. Subito.

 

Aldo A. Mola

 

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